Premessa
Minosse, nato da
un'intemperanza di Zeus
(con Europa),
ne eredita il gusto dell'adulterio e dell'inganno. E Teseo non è molto
dissimile da lui.
Pasifae
è una sacerdotessa della Luna (androgina,
come il Sole
d’altronde). E
il toro nel culto della Grande Madre è simbolo unificate dei principi
femminili e maschili (come l'ascia bipenne altro simbolo sacro della civiltà
cretese).
Il toro, a cui si unisce, pare sia proprio lo stesso che provocherà la morte
dell'altro figlio di Minosse, Androgeo, originando la punizione di Atene.
Poseidon da un lato e Atena dall'altro si
disputano il dominio di Atene ma, casualmente o meno, entrano come alleati
in questa storia che porta a conclusione il predominare di Creta, roccaforte
della Grande Madre.
Minosse e Pasifae
sembrano essersi adeguati ai nuovi dei
(gli olimpici).
Il primo in quanto
figlio del tonante Zeus cerca alleanze in "famiglia" per convalidare il suo
potere, rivolgendosi allo zio Poseidon
(alter ego di Zeus)
e ha tutto l'interesse di sottrarsi al culto delle Grandi Madri che reclama
la morte reale o simbolica del Re
consorte, ma evidentemente non vuole rinunciare al suo potere su Atene.
L'unione di
Pasifae con il toro potrebbe venire interpretata come un ritorno ai riti
delle Grandi Madri. Ma di nascosto per non inimicarsi gli olimpici. E lascia
che Minosse lo usi per i suoi fini.
Il vero nome del
Minotauro è Asterios, appellativo con cui si
invocava anche Dionisos, quale fanciullo dei misteri: bambino con la testa
di toro e il corpo cosparso di stelle.
Dionisos (la cui
storia è a frammenti)
è il sacrificato-smembrato, nato tre volte. Il pazzo e furioso inventore del
vino. Il Dio dei misteri.
Dio estatico solidamente legato alla terra. Questa divinità primordiale,
che rende invasate le donne, si unisce alla dea-Luna (Arianna).
Le origini di Teseo
sono confuse. La madre è certamente Etra, una sacerdotessa di Atena. La
stessa notte in cui giacque con Egeo, re di Atene, Poseidon giacque con lei,
grazie a un sogno ingannatore inviatole da Atena. Egeo, il cui nome lo
collega strettamente al dio dei mari, volle che il figlio rimanesse segreto.
Per ottenere il
riconoscimento della sua paternità affronta numerose e pericolose prove, a
volte contrastato e altre sostenuto dagli dei, superandole.
Tuttavia questo eroe coraggioso abbandona
Arianna, intimorito da Dionisos in sogno che gli intima di lasciarla.
Arianna,
la “signora del labirinto” è l’unica vera compagna e sposa
di Dionisos.
Secondo alcune fonti
viene uccisa da una
freccia di Artemide su richiesta di Dionisos per la sua infedeltà, ma poi
portata in cielo dallo stesso.
E viene venerata come “dea ritornata dagli inferi”.
Nonostante il suo tradimento, viene ricordata e onorata
come Ariaghne, la “purissima” (appellativo della regina degli
inferi) o con il nome di Aridela, la “visibile da lontano”, come dea
celeste.
Interrogativi
Cosa diversifica
Asterios da Teseo, accomunati dalla stessa paternità
(toro-Poseidon e
Egeo-Poseidon)?
Teseo, l’eroe, nasce dall'adombramento/mistificazione della realtà, in
un certo senso da ipocrisia e opportunismo.
Asterios, il mostro, nasce dalla trasgressione. Non è generato, ma
allevato nel buio.
Fanno entrambi ciò che si aspetta da loro.
Teseo è partecipe o una marionetta? Nel movimento in cui uccide il
Minotauro, Teseo avrebbe potuto assorbirne l'essenza e ricongiungersi
alla propria divinità. Ma aspetta sempre indicazioni dall'altro/alto.
Asterios, accettando
la morte, delude le aspettative degli olimpici, esce dai loro giochi di
potere. Ritorna alle Madri della Notte.
L'eroe, non è
forse l'involucro che contiene-limita il divino?
Non è forse
Asterios, la natura in ogni suo aspetto, che può trasformare-evolvere
l'anima, o meglio, non sono entrambi queste due istanze
(natura e anima –
Minotauro e Arianna),
attraverso il legame col divino
(Dionisos),
a poter evolvere l'eroe?
E allora perché l'eroe sacrifica la natura 'inferiore' e poi abbandona
l'anima?
Per amore di cosa si muove? quali sono valore e intensità dei suoi
sentimenti? Perché corre tutti i rischi per le sue avventure, ma alla
fine torna a casa, sempre uguale a se stesso?
Arianna è la
compagna di Dionisos. Come può, dunque, innamorarsi di un eroe? e
tradire il fratello, il cui vero nome è Asterios? non certo Minotauro,
cioè Toro di Minosse.
Arianna, in realtà, pone fine al massacro e libera Asterios. Si lascia
usare sfruttando il movimento dell'aggressore, che se non fosse avido di
gloria non sarebbe là a fare l’eroe.
E' la porta verso la
trasformazione degli dei : prima le Dee della Notte e della Natura
selvaggia, poi gli dei della ragione e del potere, ora gli dei della
Trasmutazione e della Riunificazione (istinto-ragione) ... i Misterici
...
Ariaghne non appartiene al regno della madre né a quello del padre. Al
di là di ogni scissione aspira a ciò che è. La purezza è l'unica misura
che conosce. Dunque non si cura di essere fraintesa pur di liberare
Asterios dai vincoli della depravazione.
Dopo la fatica del ribaltare equilibri, s’addormenta, altro modo per
reintegrarsi. Abbandonata sullo scoglio della banalità attende l'arrivo
di Dionisos, il risorto.
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Rielaborazione del mito
ARIADNE A ASTERIOS
Dissero che la madre, la nostra, ti generò dalla sua ingorda brama. Non
ricordo.
Piccola ero piccola.
Il cuore mi batteva il giorno del mio passaggio oltre la soglia. La luna
si affacciava, tra le corna del toro, illuminando la notte.
La madre alle MADRI offriva voto. Tacquero, nel silenzio delle stelle,
indispettite dalle pareti che la ragione erigeva, per racchiudere entro
mura la fede. O fu lei a vacillare, incantata dai giochi di potere del
padre, il mio. Il ladro.
Fratello, quando nascesti, inorridirono. Io vidi del tuo nome vero i
segni. Ti portarono via. Lo ricordo, fratello, il buio in cui ti
chiusero.
Nel silenzio venivo a
cercarti. Aspettavi in silenzio. Insieme correvamo dentro gli oscuri
vicoli, il fiato ruzzolava nella corsa, ci perdevamo, entrambi, .. poi
.. la radiosità del re-incontro.
Misero guardie all'entrata, e al tuo potere mio padre diede il suo nome.
Con la minaccia li teneva in pugno e loro, del loro sangue, il meglio
gli offrivano.
Ti incupisti. Crebbe il rancore con la degradazione. Selvaggiamente
smembravi le tue prede. Sentivo il tumultuoso ribollire.
Nella notte, una
notte, trovai lo spazio; scivolai tra le maglie del dolore. Sentisti il
mio frusciare
avvicinarsi, abbracciasti l'oscurità: non volevi ti scorgessi nudo.
Carboni ardenti, i tuoi occhi,
sciolsero il nero della disperazione. Non mi lasciasti posare le mani
sulle corna. L'orrore aveva
trasformato in armi il simulacro della creazione. Non piansi. Mi
indurii. Tornai a spiarti nell'empietà a cui ti avevano costretto. Senza
vedermi, mi sentisti il fiato. Ti spostasti alla luce delle torce,
perché vedessi meglio il furibondo massacro. Volli dimenticare. A più
lucenti pensieri offrii le ore. Ma se la luna calava nella notte le
stelle echeggiavano il tuo nome.
Dissero che ti tradii
per lui. E che mi abbandonò.
Che ti tradii. Per un
eroe. Quando già era Diònisos tra noi.
E' vero, gli diedi la corona luminosa che tu mi regalasti. Ma non seguii
i suoi passi. Stetti a
tagliare i fili imprigionanti. Riconoscesti lo splendore. Lasciasti ti
lavasse. E con l'oscurità fu libera la luce.
Astèrios, ti ricordi
quando bambino contavo le stelle sul tuo corpo?
Dissero che ti tradii. Dissero.
Ogni gesto d'amore viene sempre stravolto dalla storia. Ma nelle isole
ancora chiamano tua sorella Ariaghne, la purissima.
Cerco dentro la notte
le linee del tuo corpo luminoso.
I cieli non sono sempre gli stessi.
PASIFAE
Ti tradii, Madre, per il timore di perdere potere. Doppiamente tradii:
persi ogni fede, ma continuai a tributarti onori anche dall'ombra della
ragione. E mi corrose la recita. Mi lasciai sprofondare, sempre più a
fondo, in paludosi territori. Però, crebbi la piccola dentro la pura
luce della luna. Pura. Restò fedele ai quei raggi che la notte
risplende.
Per rabbia e con livore, forte del grembo, sobillai Minosse contro i
suoi dei. Così puerili da non riuscire a incutere rispetto alla loro
progenie, smarrita in un potere incontenibile da fianchi incapaci a
creare. Ci scimmiottavano, inventandosi inverosimili generazioni. Mia la
colpa e di altre come me avide.
MINOSSE
Perché non mi dotaste del dono di creare, pretendendo una forza che non
avevo se non nello spargere semi che poi reclamavate, chiamando eroi,
confuse marionette dei vostri giochi?
ARIADNE A TESEO
Quando ti diedi filo e luce, era perché Astèrios risplendesse nella
fiamma di Diònisos. Non ti ingannai, ti detti filo e luce per porre fine
al massacro.
L'eterno nove incompiuto tornava senza compiersi nella vertigine delle
profanazioni.
Mio fratello,
nell'oscuro tormento abbandonato, lontano.
La mia fede oscillò:
temetti l'angoscioso grido di Astèrios dentro l'oscurità che ti
disorientasse.
Per questo ti aiutai. Eccolo il tradimento: non credere.
Astèrios abbandonò la sua iniqua dimora. Il Minotauro a terra nel suo
sangue. Fuggimmo dentro la notte.
Gran cacciatore di
cosce, la fortuna ti rendeva cieco. Rapitore di donne, che non sapevi
tenere, come le altre mi portasti via. Non mi vedevi, come le altre, ma
mi portasti via. Di me si riempirono i tuoi occhi quando Diònisos ti
squarciò i sogni. E mi lasciasti andare.
TESEO
Feci quanto
chiedevano. Mi sottomisi a ciò che s'aspettavano.
Mi avevano generato
col destino di eroe. Spavaldamente azzardai l'agguato, non fu coraggio
né "salto”.
Padre non ebbi, ne
stelle a illuminare la notte del mio corpo.
ASTERIOS
La mia ingombrante testa proiettava un'ombra senza limiti. Lo sguardo ne
restava impigliato, la visione del mondo distorta. Incubi si agitavano
all'intorno, dentro e fuori, grovigli di pensieri, attese, sogni.
Mia madre mai veniva.
Minosse mi guardava
soddisfatto prima del sacrificio. Come sapesse che il vederlo mi avrebbe
fatto ribollire il sangue d'odio, di oscura rabbia, che avrei poi
vomitato selvaggiamente sugli innocenti.
Entravano in silenzio senza sguardo. Scorgendo il
vuoto, nell'avvicinarsi, l'ira si intorbidiva di speranza. Poi l'orrore
negli occhi, mi percuoteva ogni volta inaspettato, ingiuria che mai
rimarginava la frattura.
La follia mi aveva
ormai irretito. Sapevo di essere pazzo. Sapere la pazzia forse poteva
salvarmi. Ma lo
sgomento di
restare impigliato in una delle immagini che gli altri proiettavano mi
aveva avviluppato. Nulla veniva reso sacro, solo sterminio e
desolazione. Profanazione ovunque.
Sentii l'odore e i
passi. Tesi il corpo all'agguato. La luce sorta dal buio mi stupì.
Ristetti.
Il suo ricordo
luminoso dissolse la frattura.
Guardai il volto a
Teseo. E poi, dentro l'oscurità fui libero.
ARIADNE
Indenne dalle manipolazioni di un limitato sogno, abbandonai ogni
dimora. Già avevo ripudiato le materne lusinghe e di mio padre non
accolsi niente. Disfare e tessere i nodi del malfatto. Da sola.
A lunghe onde il
dolore mi divorava gli occhi. Poi venne il niente.
Al ritorno
dall'ombra, mi risvegliai appoggiata ad una pietra. Piansi, chinando il
capo sulle ginocchia delle Madri assenti. Nell'incubo.
Poi arrivasti tu,
portatore di luce e di speranza, e mi innalzai nella spirale lirica
della passione.
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