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Radicarsi

 

Per crescere una pianta deve radicarsi. Perché ciò sia possibile ha bisogno di tutti gli elementi.

 

Così anche l’uomo, che deve amalgamarli in se.  Questo vocabolo ben si presta al senso.

Amalgama: dal greco emollizione : lega dei metalli col mercurio. Mescolanza di elementi eterogenei o contrastanti fusi in un unica entità o funzionalità.

Ovvero collegare e mettere in relazione i due principi, attivo e passivo, perché siano l’uno la radice dell’altro e, entrambi, l’humus che si origina.

Più l’humus è fertile maggiore sarà la fioritura.  

 

 

La fertilità non dipende solo dal terreno, ma anche dall’intervento su esso. Soggettivo e esterno. Quest’ultimo, a volte, può danneggiare irrimediabilmente perché non rispetta le caratteristiche del terreno, indispensabili per produrre in maniera sana.

 

L’essere umano, per funzionare naturalmente, deve venire accettato per quello che è, e non trasformato in quello che altri vorrebbero fosse. Altrimenti avrà difficoltà a radicarsi, cioè accettarsi per quello che è, e poggerà su basi fittizie.

Si chiuderà in se stesso per difendere la propria vulnerabilità, ma resterà chiuso fuori anche lui.

E dovendo, intanto, imparare a padroneggiare il suo corpo e la realtà oggettiva, per riuscire a gestirsi può tendere a controllare eccessivamente i sentimenti, fino a soffocarli e rimuovere il desiderio iniziale, per cui la realtà soggettiva rimane confusa e incompleta e lui alla ricerca di un terreno in cui rifugiarsi.

 

Generalmente il primo intervento esterno proviene dalla famiglia di origine. In cui naturalmente il bambino ha bisogno di sentirsi accolto ed accettato.

 

Il terreno e le radici su cui cresce influenzano crescita e costruzione di se.

Quando sarà il tempo di strutturare, ovvero di alzarsi e dire questo io sono, molto dipenderà dalle fondamenta gettate. Se ha assimilato troppa rigidità sarà rigido, al contrario sarà chiuso, raggomitolato, impotente.  O viceversa. L’obiettivo perseguito, ovvero il questo che si vuole essere, può venire determinato e condizionato da un’assimilazione e immedesimazione  acritiche o da un rifiuto reattivo dei modelli, entrambi devianti se le difese attuate persisteranno e lo intrappoleranno.  

 

“Raddrizzandosi in piedi” diventa, tuttavia, possibile sia attingere dalle proprie radici ciò che è proprio e su questo poggiare, sia riorientarsi verso un obiettivo adeguato a ciò che si è.

Un fattore importante per crescere in se, da non sottovalutare, è riconoscere che ognuno ha il suo tempo per imparare a strutturare solidamente, che merita rispetto.

 

Le forzature non servono.  In modo da riuscire a usarlo come alleato, anche quando purtroppo ha i “suoi tempi”. Il che significa che forse c’è qualcosa ancora da preparare prima di procedere.

Difficile in una società in corsa, che obbliga a un’alterazione del ritmo naturale e, così, interferisce nella comunicazione col proprio corpo, fisico e non, impedendone l’ascolto.

Imparare questo linguaggio, se non ci si appropria del proprio ritmo, può risultare difficoltoso.

Il tempo dell’attesa, dell’ozio costruttivo, è finalizzato a questo ascolto.

Il tempo non è solo corsa in avanti. Se la testa è avanti, bisognerà fermarsi ad aspettare i piedi. E viceversa. O si continuerà ad essere fuori dal proprio tempo e da ciò che si è. Si inseguirà altro che non basterà mai.

 

Si rincorrerà un’immagine sociale, che dà al lavoro un valore produttivo fine a se stesso (o meglio a una gerarchia insensata)  e non come capacità e manifestazione creativa di se. Nel senso che un qualsiasi lavoro dovrebbe essere fatto con piacere .. e non per obbligo.

Ma questo è un discorso difficile.

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