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Curare

La scoperta dell’alterità modifica il pensiero del bambino e lo spinge a osservare con maggior attenzione il mondo esterno, con cui deve fare i conti per raggiungere ciò che vuole. Non si scoraggia, di suo, facilmente poiché è teso ad accogliere il nuovo, che lo incuriosisce e vuole capire a cosa serve, come poterlo usare.

 

In questa fase, una particolarità del bambino è l’ “assentarsi pensoso”, cioè riflettere  fra se e se, a fondo, sulla questione che abita la sua mente per prendersene cura.

Il fuori gli serve come metro di paragone. Lo scruta per raccogliere la logica dei collegamenti e adattarli al suo interno, esercitandosi. L’attenzione oscilla fra se e l’altro. Analizza, ordina, distingue per migliorare.

E’ critico : giudica e seleziona, senza valutazioni morali, sulla base dell’opportunità.

Accetta quello che è. Ci si adatta, se gli serve. E impara a dire no, secondo i suoi metri, indubbiamente soggettivi, ma che per lui hanno un senso preciso.

 

Ora il “perché?” non è più su ciò che accade, bensì sulla discriminazione degli opposti (bene-male, giusto-ingiusto, ..)

Un dosaggio non equilibrato nelle risposte può portare a “flettersi troppo” in sé o fuori di sé, interferendo con il senso critico in apprendimento.

Per dominare e pretendere si additerà  il “più” .. buono, educato, bravo. Che sia lui o un altro, poco importa, comunque lo si distoglie dal suo lavoro e lo si getta nella mischia, in concorrenza assurda e insensata. Troppo curato o meno, lo si trascura comunque.

 

Il distinguere fra fuori e dentro, fra me e non me, si complica. Perché non si tratta più di perfezionare se stesso, ma di abdicare e essere un’altro. E qualsiasi altro sarà fonte di rancore.

L’attenzione può restare bloccata all’interno, inibendo, o all’esterno verso l’altro, quello che ha ciò che lui dovrebbe o vorrebbe avere, che può quello che lui non può. Da questo paragone nasce l’invidia, il risentimento, che stravolgono il senso critico in criticismo sterile.

 

Per competere con questo “nemico” può diventare troppo puntiglioso, controllato, scrupoloso, meticoloso. Avaro di se (o delle sue cose). Con un attenzione maniacale all’ordine, alla pulizia. Mai soddisfatto, perdendosi in perfezionismi sterili anziché migliorare creativamente. Ovvero prendersi cura solo di un aspetto di se, ignorando l’altro. In trappola comunque e non libero dall’opinione altrui, che ingabbia la libertà di pensiero.

Insoddisfatto di sé, denigrerà, svaluterà e disprezzerà, per annientare e soggiogare in un modo o in un altro. Che lo attui con aggressività e veemenza o con finta benevolenza e disponibilità, il messaggio-atteggiamento sarà sempre ambivalente: lo faccio per il tuo bene .. ti disprezzo ma ti amo o viceversa .. e quindi ti voglio salvare (in realtà cambiare a mia scelta). Così come avrà imparato.

 

Sarà in relazione solo parzialmente o non lo sarà affatto, per eccesso di orgoglio e suscettibilità, perché non si sente all’altezza di ciò che gli altri si aspettano, che diventa dunque ciò che lui si aspetta da se anche se non corrisponde. Che diventerà quello che si aspetta dall’altro, anche se non esattamente. Avrà sempre qualcosa su cui recriminare.

L’ “impulso a” non troverà la strada “verso” .. la terza via, che concilia gli opposti.

 

Non riuscire a distinguere, cioè a separare, quello che è il proprio pensiero (o altrui) dalla cosa o situazione in sé. Filtrare attraverso paure e brame (di grandezza) la realtà senza sottoporla ad analisi critica e verifica, porta a fraintendimenti interiori, a un procedere ambiguo e contraddittorio.

 

Se non si è sacri, non si può accettare che lo sia l’altro.

Giustamente. Dolorosamente.

Se non ci si prende cura di sé, risulta impossibile prendersi cura dell’altro. Oppure lo si farà per educazione, carità ipocrita, senza partecipazione e solidarietà. Al massimo per sentirsi utili .. per sentirsi (“buono”).

 

La separazione, l’analisi, la critica saranno improduttive perché carenti o in eccesso. Comunque impediranno la sintesi, che unifica i particolari in una visione globale.

 

Essere liberi, significa non avere confini .. come un bimbo appena nato, ma consapevolmente. Saper annientare i limiti interiori fra opposte tendenze e sciogliere i conflitti, per raggiungere l’unità-integrità. E, quindi, poter annullare le barriere che separano dall’Altro.

 

Bisogna risvegliare il bambino all’ “assentarsi pensoso”. Per distinguere la propria norma da quella altrui. Per abbandonare i modelli che non corrispondono. Per riconoscere in sé i veri margini della frattura fra Libertà (1Mago) e Sacro (2Papessa) e poterla annientare (12Appeso).

Man mano che si rifiuta ciò che in verità non ci appartiene, cadono le pellicole della cipolla che separano dall’interno e ci si apre all’esterno, in movimento inverso contemporaneo che rivela la presenza degli opposti cooperanti.

 

Ma se non si ha fede in se stessi, per cui in nulla, si è allo sbando, si cade nella confusione totale, in balia di qualsiasi richiamo che prometta pace oblio.  .. e disintegrazione.

Ci si oscura attraverso la menzogna, la falsità, l’ambiguità, l’illusione, intenzionali o meno.

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