Il
potere del Verbo è fare luce su ciò che è vero.
I
bambini, d’ogni genere, hanno bisogno di favole – parabole, cioè
“parole da mettere accanto” per confrontarsi e capire. Ma
devono essere VERE.
Una
favola parla per allegoria
(dal greco parlare d’altro) di
qualcosa che è. Spiegare
per analogia, in chiave simbolica dà
molte possibilità. Mette in gioco anche la sonorità, le inflessioni
della voce. Scuote l’immaginazione.
Quello
che viene detto è importante solo in secondo luogo. L’importante è
che si aprano finestre
nella mente .. e stanze in cui adagiare gli “incompresi ma veri” che
prima o poi lieviteranno.
Trasognati
ascoltano le risposte che acquietano le domande.
Ma
se metterete a qualcosa un vestito che non lo riguarda, continueranno a
fare domande o si azzittiranno di malumore.
Alle
cose dette deve esserci un collegamento con la
verità, non importa se
lontano. Una parola detta con pathos, sentimento, renderà magica anche
la cosa più banale. Grazie all’eco del sentimento che è vero.
Non
è che i bambini credano che il lupo, quello reale, è fuori dalla porta
ad aspettarli per mangiarli o che il vigile li porterà via. La
minaccia
allarga la frattura interiore e l’oscuro diventa paura. Tutto qua.
Non
sono mica stupidi i bambini.
E’
che nella menzogna, anche non intenzionale, è evidente una mancanza di
critica, di analisi: mancano dei particolari. E il bambino percepisce
questo buco in cui si smarrisce.
E
se gli raccontate di fate o Babbo Natale, la speranza apre uno
spiraglio sul “buono” che c’è.
Naturalmente alla parola deve corrispondere un comportamento coerente. Perché senza l’atto che la conferma non “esiste”. Così come l’atto senza la dichiarazione è sovente incompleto. Si codificano reciprocamente. Infatti nel Rito, l’Atto viene Sancito verbalmente. Da cui sia Atto che Verbo sono sacri.
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