Lucifero |
per quella stella che non c'è
per quella stella che non cade
che si aspetta inutilmente
- gli occhi spalancati
il cuore divaricato -
per tutte le stelle che non cadranno
se non nei nostri pensieri
Alzò lo sguardo. Grosse nuvole s'addensavano, accavallandosi fra loro, mischiando le loro sfumature in un continuo cambiare forme e direzioni, così veloce, che non era possibile seguirne, passo a passo, l'evoluzione, lo svolgersi della trama. |
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Le nuvole si ammucchiano in maniera preoccupante e non si scorge più nemmeno uno spiraglio di luce azzurra. Solo ferro ... e un peso sopra i nostri passi e il nostro cuore. |
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Il cielo è definitivamente scomparso.
Una cappa sempre più pesante, di cumuli spaventosi, bassa e oscura ci opprime. Ferro e ... fuoco. |
Una luce improvvisa squarciò il buio. Per un istante si dilatò quasi tentasse di sommergere l'oscurità. Poi tutto, sussultando e tremando, si inabissò. Alzò il braccio coprendosi gli occhi e cadde all'indietro. |
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La luna era calata inutilmente. Un'interminabile notte andava trasformandosi in gelide foreste di ghiaccio. L'anima aveva ripreso la discesa verso gli inferi, pur sapendo che non ci sarebbe stato ritorno. Ogni tanto volgeva lo sguardo oltre le spalle, orfeo moderno, sperando che il vuoto si dissolvesse. Ma questo si estendeva fin oltre l'orizzonte, Avrebbe dovuto portare con sé l'ombra. Ma l'aveva persa nel giorno: il sole l'aveva fissata come in un'esplosione pietrificandola contro il muro. Unica consolazione il canto degli uccelli che si alternavano nelle diverse fasi del tempo. E quelle sfumature o bagliori o pulsazioni che, nonostante la solidità del buio, palpitavano. Alzò gli occhi al cielo, immemore della sua scomposizione. Non c'era che un livido non colore: il mondo si era inabissato e l'unica probabilità di vivere era raggiungere il cuore profondo dell'inferno. Angeli inermi chinavano lo sguardo al suo passare perché non le tremassero le ciglia o il labbro con il ricordo del sorriso. Le spade, da tempo ormai solo simbolo dello spirito, sprofondavano nella carne della terra intessute di rugiade rugginose. |
Avrebbe voluto fermarsi: mordere la terra, asciugare l'amarezza della perduta umanità, e ritornare indietro tra le probabili macerie per scoprire che ancora, in qualche luogo dimenticato, una parentesi armonica era sopravissuta. Ma questo, pur nella certezza della possibilità, non le apparteneva. Lucifero l'accolse sulla soglia del sogno: privo di orgoglio il suo sguardo aveva la trasparenza di chi ha visto e guardato fino a ferirsi gli occhi per conoscere il fondo. Il mistero era talmente semplice, alla vista di tutti, da celarsi nella naturalezza dell'esistenza. Lo guardò negli occhi e seppe che la spada fiammeggiante, tesa come minaccia, non era né fuoco né sangue ma solo luce. |
Aprì gli occhi. Davanti al suo sguardo le nuvole, lentamente,si allargavano schiarendosi con una lentezza che pareva fatale. |
Non sentiva più il suo corpo. Un brusio lontano la raggiungeva attraverso ovattamenti. Tentò, quasi controvoglia, di reagire, di sentire muscoli, nervi, ossa: niente. Si arrese all'inerzia e richiuse gli occhi. |
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Ora stava seduta scrutando l'orizzonte, senza essersi resa conto di quando o come si fosse risvegliata dal sonno e il suo corpo rialzato dal fondo della terra. |
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La luce era incerta.
Non esattamente.
Era la fosforescenza delle ore di transizione, quando i colori giocano a confondersi, e il buio non è più solo buio ma anche luce e viceversa, e un'insperata quiete riconcilia la mente umana alla vita. |
Si alzò. Così iniziò il ritorno. |
Il primo giorno. |
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Si voltò a guardare quello che aveva lasciato alle spalle: le sue tracce.
Lontano, lontano.
Ero sempre io |
se tu smettessi di chiederti "perché?"
se cominciassi a rispondermi
ora
che ti ho goduto
in questa terra come fosse corpo
ora
che la notte mi ha distesa
come velina stellata
forse troveresti qualche risposta
o più semplicemente
le domande non avrebbero spigoli taglienti
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